enzo marzo
3 commentiNon è stato così, sia perché le normali regole della democrazia politica sono state dimenticate da tempo sia perché hanno giustamente prevalso l'urgenza e la drammaticità della crisi di un partito in avanzatissimo stato di disfacimento.
Era prevista una moderata tempesta; ma l'Italia che nonostante tutto ancora vede nel Pd l'ultima spiaggia senza alternativa ha prodotto un vero tsunami.
Era quasi un secolo che la nomenclatura pci e post-pci imponeva con molta boria, mal confortata dai fatti storici, la sua egemonia culturale e politica. Nel cervello dei dirigenti pci e post-pci non è mai penetrata l'idea che la Sinistra o è plurima o è lacunosa. E che anzi, con le mutazioni sociali avvenute, la parte residuale è proprio la loro. Quello di Veltroni sulla “vocazione maggioritaria del Pd” fu l'estremo tentativo compiuto su questo solco. Ma cadde inevitabilmente nel ridicolo. Nel medesimo cervello non è mai riuscita a insinuarsi la necessità di un confronto “vero” col pensiero liberale “vero”. Che non è, come essi stessi sempre hanno dato a intendere e avallato, la summa degli interessi personali di un imbonitore pregiudicato proprio per reati contro il mercato. Prima della caduta del Muro, ma anche dopo il Muro, la curia comunista spesso e volentieri ha tradito o addirittura rifiutato i valori della Sinistra di tutto il mondo occidentale, ben fondati dalle rivoluzioni anglosassoni e dalle tre parole d'ordine dell'89 francese. Prima, aggrappandosi fino all'ultimo o non riuscendo a liberarsi dall'egemonia sovietica e dalla mentalità stalinista, e contemporaneamente rifiutando i vari apporti provenienti dai paesi più avanzati del nostro. Verrebbe persino da sorridere - ma è inquietante – a ripensare che secondo il Pci degli anni '50 del Novecento non si poteva leggere Gide giudicato “pederasta” o si doveva rifiutare la pittura e la musica contemporanee. Si sarebbero dovuti aspettare gli anni '70 per sentire anche solo parlare di divorzio, una istituzione “borghese” che i paesi “borghesi” avevano da secoli e che era nei programmi dell'Italietta liberale dell'Ottocento. Persino negli ultimi anni una politica dei diritti e le esigenze delle minoranze hanno dovuto fare i conti con una logica che subordinava ogni scelta a un bigottismo frutto non solo di opportunismo tattico, ma dell'incapacità di fuoriuscire dalla mentalità conservatrice tipica di una sinistra con quelle ascendenze. Gli elettori ovviamente non potevano che fuggirsene altrove e non potevano accontentarsi di un retorico buonismo di facciata. Anche su questo punto regge benissimo il paragone con la curia vaticana così distaccata dalla società moderna..
Ma il danno più grave è stato causato dalla rigida identificazione tra Pci e Sinistra. La Sinistra non poteva che esaurirsi completamente con un'unica classe dirigente che, come Mussolini, aveva sempre ragione. Anche se procurava sconfitte a ripetizione e, all'occasione, non riusciva a partorire se non politiche arruffate e ben lontane dal riformismo moderno. Per svariate generazioni, questa pretesa egemonica e un ingiustificato senso di superiorità hanno reso dogma nella mente dei dirigenti un principio assurdo: “non avrai altra chiesa, o sinistra, al di fuori di me”. Chi era estraneo a questa mentalità autoritaria e burocratica era bollato come “destra”, o sicuramente non di sinistra. Da silenziare, da calunniare, da emarginare. In alcuni decenni tragici del Novecento persino da assassinare. Questo è stato il destino di tutto il revisionismo novecentesco e di tutte le altre sinistre. Soprattutto nel nostro paese.
Torniamo al presente. Bisognerebbe ridare onore a Occhetto: è stato l'unico comunista che comprese fino in fondo che dopo la caduta del Muro quella era una storia finita, finita, finita. Ma più che dalla sua stessa impazienza e dagli infelici esiti elettorali, il disegno occhettiano di traghettare il popolo di quella sinistra su lidi semplicemente e schiettamente democratici fu sconfitta dalle trame della residua nomenclatura postcomunista, che con D'Alema non ho mai voluto abbandonare il togliattismo senza valori, e il cinismo senza obiettivi se non quelli della permanenza personale al potere.
A sinistra, il fallimento di Occhetto e dell'Ulivo ci hanno regalato venti anni di Berlusconi. E ciò che è più grave, l'assimilazione a dosi massicce del berlusconismo. Come i papi Wojtyla e Ratzinger hanno fatto sprofondare la chiesa cattolica in una crisi epocale, così la sedicente sinistra post-pci ha concluso la sua storia trascinando il paese in rovina e dedicandosi, al centro e in periferia, unicamente alla conservazione e alla spartizione del potere castale con i peggiori delinquenti. Perdendo ogni traccia di etica pubblica. Con D'Alema e Napolitano ha tradito in ogni occasione possibile il suo elettorato, il quale giustamente l'ha ripagata con l'esodo di massa verso l'astensionismo o,-per disperazione,-verso lidi persino incerti e ambigui.
Con le Primarie 2013, dopo la presa per i fondelli delle Primarie del 2012, i cittadini hanno detto Basta. Era ora. Per questi motivi ancor più che una vittoria di Renzi i risultati segnano la sconfitta di quel mondo che dal Colle fino all'ultimo burocrate ex-pci si sono fatti complici attivi delle turpitudini che hanno ridotto in macerie morali e materiali il nostro paese.
D'Alema, Veltroni, Violante, Napolitano, Fassino, Finocchiaro, Bersani, Bertinotti, Consorte, Penati, il Monte dei Paschi di Siena, il potere rosso e quant'altri ancora hanno accumulato su di sé un'incancellabile responsabilità storica. L'inciucismo con un Padrone cialtrone e con un gruppo di potere delinquenziale, e il far propri gli attuali metodi di conduzione della cosa pubblica fortemente inquinati dalla corruzione hanno sparso il sale sulla Sinistra italiana. E certamente non è un caso che questa pseudo-sinistra concluda il il proprio troppo lungo tragitto contemporaneamente con lo sfascio della destra berlusconiana. Un tempo si diceva: simul stabunt simul cadent. Il tutto in un paesaggio grottesco dovuto al passaggio dall'Inciucio tra D'Alema e Berlusconi al “diversamente inciucio” tra il “diversamente berlusconiano” Alfano e il “diversamente dalemiano” Letta. Sotto l'impulso del “diversamente presidente della Repubblica” Napolitano.
Il popolo di sinistra pur di voltare pagina ha votato Renzi.- Il distacco, persino ostentato ma incartato di ipocrisia, tra la teoria e la pratica rende ancora una volta verosimile il paragone tra la classe dirigente ex-pci e la gerarchia cattolica. Come sarebbe sleale identificare tutto il mondo dei credenti cattolici con la curia romana o con la degenerazione ecclesiastica viziosa e affaristica, così sarebbe sciocco identificare i “nativi” in epoca berlusconiana con quelli che erano i loro dirigenti fino a ieri, e chissà nel futuro... Ugualmente sarebbe ingiusto liquidare come indifferente o qualunquista gran parte della gioventù italiana che ha l'unica colpa di essere stata tirata su con massicce razioni di televisione-spazzatura, di stampa-spazzatura, di politici-spazzatura. Non hanno potuto conoscere altro. Gran parte di questi “nativi” è stata ricacciata dalle attuale classi dirigenti fino alle estremo lido dell'identificazione tout court delle degenerazioni corporative di casta con la Politica. Per decenni a sinistra (per non parlare della destra) si è lavorato giorno e notte per convincere con i propri comportamenti che la politica fosse un'attività tra il delinquenziale e il retorico. Forse solo un'occasione di occupazione e di carriera, in questi tempi grami. Ritornare al primato della Politica dovrebbe essere il compito di intere generazioni. Il leaderismo spettacolare e la personalizzazione più o meno carismatica sono soltanto quell'esasperazione caricaturale della politica che porta all'avventurismo pericoloso.
Adesso Renzi. L'uomo è abile e fortunato. Il voltafaccia del Pd di questi mesi, il tradimento plateale dei suoi programmi elettorali e dei suoi elettori, il quotidiano stravolgimento della Costituzione da parte del Quirinale e infine la sentenza della Consulta contro il Porcellum hanno fatto maturare, persino rendere necessario, lo tsunami. Senza dimenticare il peso che senz'altro avrà avuto l'insultante arroganza del potere nel caso Cancellieri. Renzi ha goduto degli errori e delle malefatte dei suoi antagonisti. Anche se su fronti opposti i voti per Civati e per Renzi hanno molti punti in comune. Il più evidente è quello che si sommano contro la nomenclatura dominante. Sono il sintomo di un rifiuto globale e di un giudizio senza attenuanti. L'ultimo vero “congresso” del Pd si era svolto nell'urna di Montecitorio durante le elezioni del Presidente della Repubblica, quando i famigerati 110 voti contro Prodi fecero fallire il davvero imprevedibile ribaltamento della politica delle “larghe intese” imposta a tappe forzate dal Capo dello Stato per lo meno fin dall'autunno del 2010. La mancanza di un precedente vero congresso, occultata dalle Primarie 2012 che non avevano affrontato i veri temi politici, portarono al drammaticissimo scontro fratricida nelle votazioni segrete. Vinsero naturalmente le “larghe intese”. Anche grazie all'incapacità politica di Grillo- Oggi le Primarie hanno rovesciato quel risultato.
Certo, Renzi rimane un'incognita. La mancanza di un vero congresso e di veri confronti politici lascia larghi margini di incertezza. Certo, lo stile del nuovo segretario è tutto all'interno di una logica della politica-spettacolo intinta nella demagogia di un leaderismo cesaristico. Ma dal primo discorso del neo eletto si possono rintracciare alcuni spunti positivi. Speriamo innanzitutto che sia autentica la convinzione espressa da Renzi che per la democrazia italiana questo è l'”ultimo giro”. E non rimane neppure tanto tempo. O si cambia in fretta o il disastro diventa irreversibile. E' persino strano che la crisi sociale, da una parte, e il “nulla da perdere” di Berlusconi, dall'altra, non abbiano procurato al paese tensioni sociali gravi o velleità avventuristiche. Nel voto a Renzi si può leggere anche il segno di un'ultima disperata richiesta di cambiamento radicale.
Lo so che ora prevarrà la discussione tra “elezioni subito” o “continuazione delle strette intese”. Speriamo che non vi resti imprigionato Renzi.
Finora il governicchio Napolitano-Ligresti è stato condizionato totalmente da Berlusconi. Come agnello destinato al macello il centrosinistra guidato da un intruglio democristian-togliattiano ha subìto programmi, incapacità e persino “usi e costumi” del peggior berlusconismo. Ora Renzi, se non vuol essere un fuoco d'artificio subito spento, deve dimostrare d'essere capace di agire politicamente e non buttare immediatamente la palla fuori campo con elezioni “volute da lui” per smania di potere personale. Deve al contrario mostrare le sue capacità politiche, se ce l'ha, e imporre alcuni punti significativi di un'agenda di “vero” centro sinistra. Quindi, immediata riforma elettorale con sistema maggioritario di collegio che preveda alcune garanzie per la rappresentanza delle minoranze e non preveda la pericolosa deriva cesarista. Seri provvedimenti anticasta e contro la corruzione. Una politica economica che almeno faccia i primi passi a favore della produzione e del lavoro, e contro certi intollerabili privilegi. Se ne avrà voglia e ci riuscirà, sarà lui il prossimo padrone di casa a Palazzo Chigi. Se invece gli inciucisti metteranno i bastoni tra le ruote, vorrà dire che per l'ennesima volta si suicideranno, perché nel prossimo Parlamento saranno davvero irrilevanti. Se il manipolo dei “diversamente berlusconiani”, decisivi sì ma pur sempre senza prospettive alternative, non si adeguerà a un ruolo marginale proporzionato alle proprie forze, allora saranno sì le elezioni, ma provocate da questi transfughi ridotti alla disperazione.
Quindi come sempre il destino del paese sta nelle mani del Pd. Ad aprile il Pd.togliattiano continuò coerentemente a tradire i suoi elettori, ora il Pd- renziano ha l'ultima chance di assecondarli. Anche solo se guardasse ai propri egoistici interessi politici personali, Matteo Renzi dovrebbe giocare le sue carte con fermezza e sollecitudine. Altrimenti sarà ricordato come l'ultimo segretario di un esperimento fallito, quello della somma di due gruppi di politicanti professionisti (parliamo dei cattocomunisti) lontana anni luce da una politica moderna liberale.
In alcuni passaggi del discorso del neo eletto forse, se si è ottimisti (e oggi noi siamo meno pessimisti), si possono rintracciare alcuni spunti molto distanti dalla strategia dello stesso Renzi dei mesi passati. Ci riferiamo alla tragicomica convinzione che bisognasse inseguire l'elettorato di Centro per far guadagnare allo schieramento di centro sinistra la vittoria sul suo competitore storico. È stato un errore fatale compiuto dagli inciucisti e anche da Renzi, e anche da Bersani, che prescindeva da un dato di fatto. Durissimo, come tutti quelli prodotti dai numeri. In Italia il Centro non esiste, non è luogo apprezzabile di competizione elettorale. Nelle ultime elezioni la lista, quella di Monti, che aveva con sé un patrimonio di sostenitori senza uguali (il mondo imprenditoriale, l'associazionismo cattolico, l'”Osservatore Romano”, una fortissima reputazione internazionale, la stampa che conta, i poteri forti, gli altri partiti di centro, bene o male un governo) ha raccolto poco più di un pugno di mosche. I dati parlano chiaro: il Pd, per contendere qualche mosca, ha abbandonato all'astensione e alla protesta grillina milioni di voti, ripeto: milioni di voti. Alcuni cenni di Renzi fanno sperare che il centrosinistra miri almeno a riprendersi gli elettori perduti. Questi basterebbero per assicurargli una vittoria travolgente su una destra squalificata e allo sbando.
Qualche volta accade che un leader, dopo aver fatto il pieno dei consensi in una certa area politica, operi un'apertura verso sponde differenti. Renzi inaspettatamente ha smesso di corteggiare il centrodestra e si è rivolto efficacemente verso quell'area che il Pd ha abbandonato in questi anni. Ma sarà difficile, al punto in cui siamo arrivati, riconquistarla con belle parole vuote e promettenti. Per conservare il parallelismo proposto, come per Francesco la leadership di Renzi può essere assicurata solo con i fatti. Alle parole ormai non crede più nessuno.
{ Pubblicato il: 08.12.2013 }