Dal 1969 la voce del pensiero laico e liberale italiano e
della tradizione politica che difende e afferma le libertà, l'equità, i diritti, il conflitto.
"Critica liberale" segue il filo rosso che tiene assieme protagonisti come Giovanni Amendola e Benedetto Croce,
Gobetti e i fratelli Rosselli, Salvemini ed Ernesto Rossi, Einaudi e il "Mondo" di Pannunzio, gli "azionisti" e Bobbio.
volume XXIV, n.232 estate 2017
territorio senza governo - l'agenda urbana che non c'è
INDICE
taccuino
.
67. paolo bagnoli, la nostra preoccupazione
68. coordinamento democrazia costituzionale, appello alla mobilitazione per una legge elettorale conforme alla Costituzione
106. comitati unitari per il NO al “rosatellum”, l’imbroglio degli imbrogli
.
territorio senza governo
.
69. giovanni vetritto, l’italia del “non governo” locale
73. pierfranco pellizzetti, alla ricerca del civismo perduto
79. antonio calafati, le periferie delle metropoli italiane
84. paolo pileri, molta retorica, pochi fatti
86. giovanni vetritto, post-marxisti inutili
88. valerio pocar, primo comandamento: cementificare
.
astrolabio
.
89. riccardo mastrorillo, finanziare sì, ma come?
.
GLI STATI UNITI D'EUROPA
.
93. sarah lenderes-valenti, la risorsa più grande
94. luigi somma, le democrazie invisibili
97. claudio maretto, la discontinuità paga
.
castigat ridendo mores
.
100. elio rindone, basta con l’onestà!
.
l'osservatore laico
.
103. carla corsetti, il principio di laicità
107. gaetano salvemini, abolire il concordato
.
terrorismo e religione
109. pierfranco pellizzetti, jihad combattuta alla john wayne
114. alessandro cavalli,quattro cerchi
.
lo spaccio delle idee
117. gianmarco pondrano altavilla, cari liberisti, chi conosce un buon medium?
118. luca tedesco, savoia o borbone? lo storico è un apolide
«Passans, cette terre est libre» - Abbiamo scelto come logo la fotografia d'un autentico "Albero della Libertà" ancora vivente. È un olmo che fu piantato nel 1799 dai rivoluzionari della Repubblica Partenopea, Luigi Rossi e Gregorio Mattei, a Montepaone Superiore, paese dello Jonio catanzarese. La scritta 'passans ecc.' era qualche volta posta sotto gli "Alberi della Libertà" in Francia.
Mauro Barberis, Piero Bellini, Daniele Garrone, Sergio Lariccia, Pietro Rescigno, Gennaro Sasso, Carlo Augusto Viano, Gustavo Zagrebelsky.
* Hanno fatto parte del Comitato di Presidenza Onoraria: Norberto Bobbio (Presidente), Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Giancarlo Lunati, Italo Mereu, Federico Orlando, Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà, Paolo Sylos Labini. Ne ha fatto parte anche Alessandro Roncaglia, dal 9/2014 al 12/2016.
[40] «Allarmi, son fascisti!», è il grido che risuona da più parti riferito al cosiddetto movimento dei «Forconi». Politici, giornalisti, opinionisti, sono in molti a bollare come eversivo, violento e persino razzista il movimento di piazza. Reazione stolta, colpevole, gravissima.
E’ operazione fin troppo agevole quella di chi vuole ricercare, all’interno di una reazione popolare, gli elementi violenti, gli slogan fuori luogo, i sintomi della demagogia, e in nome di questi catalogarla al di fuori della ragionevolezza e persino della legittimità.
In realtà, quando all’interno di una nazione si assiste a questo scollamento così netto, da una parte una pletora di dirigenti squalificata e privilegiata, dall’altra una popolazione esasperata, impoverita e quindi in preda agli istinti più grezzi e spontanei, è proprio lì che bisogna prendere atto della fine della Politica (con la maiuscola).
Politica che, in tal senso, dovrebbe rappresentare quel terreno mediano di confronto, dibattito, concettualizzazione e risoluzione dei conflitti e delle contraddizioni di una società, ma che da noi in Italia è drammaticamente esplosa. Lasciando due territori residuali e malconci entrambi, composti da una parte dalla classe politica che lavora soltanto per la sua perpetuazione (sottomettendosi ai poteri forti e al non-pensiero unico del dio mercato), e dall’altra da una popolazione che, certamente non innocente rispetto al degrado del Paese, si ritrova oggi esasperata, spaventata e toccata nell’unico aspetto che storicamente ha saputo smuovere un popolo per il resto indolente, ignorante e alla spasmodica ricerca del duce a cui sottomettersi: il proprio «particulare», come lo definiva il buon Guicciardini.
E’ fin troppo comodo bollare come demagogica, violenta e persino fascista una reazione di piazza, così come è facile picchiare gli studenti e biasimare le loro giovanili energie (che per definizione sono pronte all’esagerazione, in caso di esasperazione).
Un popolo che insorge, che scende in piazza perché la vita delle persone è mortificata da una crisi spaventosa, per di più di fronte a una classe politica inoperosa, truffaldina e spesso concentrata soltanto sui propri privilegi, un popolo di questo genere non è mai fascista. Seppure non esente da critiche nette e legittime.
Si tratta, semmai, del fallimento di una intera classe dirigente, di partiti e movimenti politici che non hanno saputo assolvere al compito di rappresentare degnamente le istanze che provengono da quel popolo, non hanno saputo ascoltarne i problemi e tentarne le soluzioni, ma soprattutto non hanno saputo mettere quel popolo al centro della loro azione, senza concentrarsi perlopiù sui propri interessi castali e sottomettersi a poteri esterni che col benessere della popolazione non c’entrano nulla.
Non lo vogliono ammettere, ma è il fallimento di un’intera classe dirigente quello con cui si devono fare i conti, quando si è costretti a prendere atto che c’è un popolo che è stato privato per anni del diritto di rappresentanza (il “porcellum” docet), che ha dovuto subire governi non eletti che hanno operato una devastazione dello stato sociale e nulla hanno fatto per colmare l’intollerabile disuguaglianza di benessere fra i cittadini. Una intera classe politica che si è genuflessa ai poteri forti della finanza internazionale e delle banche, ma anche della Chiesa, privando milioni di persone di diritti elementari come quelli che riguardano le tutele sul lavoro, la protezione e la giustizia sociale, il riconoscimento legale dei sentimenti di amore a prescindere dal genere sessuale, la libertà di scelta rispetto al proprio corpo (donne e gravidanza) o alla fine di una vita che non si ritiene più degna e accettabile.
Un Paese, il nostro, che è tornato in pieno medioevo sotto tutti i punti di vista: sia per la contingenza storica e geopolitica di una nazione che non conta nulla ed è sottomessa alle potenze straniere che le impongono l’agenda; sia per i suoi meccanismi di funzionamento interni, dove in ogni ambito e livello siamo tornati al predominio castale di vassalli, valvassori e valvassini, senza più alcun riguardo per il merito, le capacità, l’etica del bene comune.
Incolpare di tutto ciò le prime masse popolari che cominciano a scendere in piazza esasperate e disperate, con certamente tutte le esagerazioni e inopportunità del caso, oltre all’inserirsi di elementi estremisti funesti e riprovevoli, può essere soltanto l’indegna reazione di un’intera pletora di persone che non hanno saputo, voluto o potuto compiere il proprio dovere nei rispettivi ambiti professionali. Del resto, è un ripetersi di quella storia già condannata dal Machiavelli, quando si scagliava contro «i peccati de’ principi italiani, che hanno fatto Italia serva de’ forestieri», oppure quando invitava gli stessi governanti a non dolersi «di alcuno peccato che facciono i popoli ch’egli abbiano in governo: perché tali peccati conviene che naschino o per la sua negligenza o per esser lui (il governo) macchiato di simili errori (Discorsi, II,18 e III,29).
Politici che non si sono impegnati per il bene della nazione che (non) li ha eletti, giornalisti e opinionisti che non hanno esercitato con indipendenza e rigore quel diritto dovere di pungolo costante e critica spregiudicata alla classe politica, grossi imprenditori che in molti casi si sono limitati a godere di incentivi statali e leggi protezionistiche accumulando profitti ma interrompendo ogni azione di investimento sulla ricerca e sull’innovazione (oltre che sulla tutela dei propri dipendenti).
La situazione è tale da far tornare in mente le parole di Antonio Gramsci, laddove scriveva che «trascurare e peggio disprezzare i movimenti cosiddetti “spontanei”, cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi. Avviene quasi sempre che a un movimento “spontaneo” delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti spontanei di massa da una parte, e dall’altra determina complotti dei gruppi reazionari che approfittano dell’indebolimento obbiettivo del governo per tentare dei colpi di Stato» (Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1975, p. 331).
Ed ecco la fotografia di un Paese, il nostro, che in seguito alla fine della Politica con la maiuscola, e di ogni ruolo indipendente, coerente e finalizzato al bene comune da parte della sua classe governante, si spacca inesorabilmente fra masse popolari sempre più esasperate, disperate e pronte all’azione spontanea e disorganizzata, e una classe dirigente colpevole e autoreferenziale che bolla quel suo stesso popolo come «fascista».
In mezzo gli intellettuali, per lo più divisi fra coloro che sostengono la genuflessione rispetto allo sciagurato e fallimentare pensiero unico del liberismo (ispirato da banche e finanza internazionale), e coloro che non sanno far di meglio che proporre la pavida (e quanto mai impolitica) «soluzione» della fuga, dell’uscita dall’euro, come se dall’euro si potesse uscire per entrare in qualche ristorante e riprendere i colori del viso e la salute!
E dire che anche qui si tratterebbe di riscoprire il momento alto della Politica, lavorare alla costituzione di una classe dirigente completamente rinnovata, completamente spogliata da rami secchi e compromessi, in grado di ridisegnare il nuovo impianto del sistema-paese, dei diritti dei cittadini che lo abitano, e su queste basi trattare con l’Unione europea un nuovo assetto della casa comune, consapevoli che anche il progetto degli Stati Uniti d’Europa sta fallendo miseramente perché l’unificazione economica non è stata preceduta da un’unità politica e legislativa degna i questo nome.
Che fare, per provare a ottenere tutto questo? Beh, senz’altro accogliere le istanze più sacrosante e ragionevoli che provengono dalla pancia del Paese. Che questa classe politica, figlia di vent’anni di fallimenti e ruberie, si dimetta in massa. Si formi un’assemblea costituente composta da padri nobili della patria non compromessi con gli attuali partiti (Rodotà, Zagrebelski, Caselli, Eco…), si facciano poche riforme urgenti e significative (dalla legge elettorale all’abbassamento, per esempio, delle multe che incassa lo Stato, perché oggi è vergognoso dover pagare 50 euro di multa per un divieto di sosta, passando per una radicale riforma fiscale in senso progressivo…), e poi si vada alle elezioni con facce assolutamente nuove, programmi rinnovati, una nuova classe dirigente non compromessa col vassallaggio medioevale degli eterni poteri forti e vogliosa di riforme coraggiose. Un reset vero e proprio, per usare il linguaggio informatico, perché l’azzeramento di un disastro così profondo, radicale e atavico lo si combatte soltanto con un’azione altrettanto radicale ma ragionata e condotta con la collaborazione di alcuni padri nobili della nazione. Senza un azzeramento radicale e concepito a tavolino non se ne esce, perché i partiti politici attuali sono delle gigantesche macchine burocratiche e infernali che lasciano prosperare e salire al proprio interno soltanto coloro che si sottomettono alla prassi consolidata degli interessi del solo partito (bene che vada!).
L’alternativa è lo sfascio, o il fascio, ormai lo abbiamo capito quasi tutti. Cosa si aspetta, ancora, che ai forconi si aggiunga un’infausta notte dei lunghi coltelli, così che il pranzo sarà servito, e sul piatto, cotta e persino bruciata, si troverà il nostro amato Belpaese?!
.
L’autore dell’articolo, editorialista di Critica liberale, ha fatto uscire in questi giorni il volume «Qualcuno era italiano. Dal disastro politico all’utopia della rete», con un’intervista a Carlo Freccero, Mimesis, Milano 2013, dove a un’analisi spregiudicata e radicale del disastro italiano si aggiunge una serie di proposte fattive da realizzare qui e ora per provare ad uscire dal pantano in cui ci ha immerso una classe politica inadeguata e truffaldina.
Commento inserito da pagliero massimo
il 16.12.2013:
sono completamente d' accordo sulla fotografia della situazione, così come sul modo vergognoso di trattare la protesta popolare, meno sui rimedi proposti.
scendendo minimamente nel dettaglio, d' accordo, ma molto scettico, sul ricambio delle classi dirigenti ma questo sbarrare la strada ad ogni tipo di ragionamento sulla conquista della moneta nazionale (sì perché ritorno alla lira, uscita dall' euro, ritorno al passato danno un' immagine inutilmente negativa e io con la mia la voglio ribaltare) lo trovo fortemente ideologico.
La moneta unica è stato un gravissimo errore politico nel quale le sinistre europee si sono andate a cacciare, ancora oggi incapaci di ammettere l' errore.
Non ho intenzione di dilungarmi in spiegazioni tecniche peraltro fuori dalla mia portata, sono tanti ormai gli economisti di ogni parte del mondo che stanno portando avanti studi su questa INEDITA SITUAZIONE per l' economia occidentale che dimostrano che la responsabilità della perdurante crisi europea sia da attribuire sopratutto alla rigidità di cambio.
Anche la classe dirigente per quanto infima e ladra come è non avrebbe potuto tanto disastro, la prova ne è il fatto che la produzione industriale italiana ha cominciato a precipitare in modo esponenziale dal 97 in poi.... e allora intendiamoci o fino al 97 detta classe dirigente era formata da statisti e capitani d' industria di alto lignaggio (cosa che non mi pare) oppure in quell' anno è accaduto qualche fatto economico/politico che ha determinato questi risultati.... a me viene in mente l' adozione della moneta unica e non mi risulta che nessun altro sappia dare risposta diversa.
Chiudo con una metafora da gommista: ma se io ho una motocicletta con le ruote a terra per i chiodi conficcati nei pneumatici, per continuare il mio viaggio, faccio prima a togliere i chiodi, mettere le pezze e rigonfiare o che so, ad asfaltare tutto il tragitto con catrame speciale che permette di guidare con le ruote a terra e magari sostituire anche le sospensioni per lo stesso motivo e magari fermarmi ogni tanto a dare una gonfiata?????
Perché mai dovrebbe essere considerato un gesto pavido quello di fermarsi ad aggiustare ciò che si è rotto, perché mai dovrebbe essere una fuga dire abbiamo sbagliato, correggiamo l' errore?
PARLIAMONE.
Commento inserito da Roberto
il 16.12.2013:
Non saprei dire se la soluzione radicale sia praticabile, come non so se una transizione affidata a quelli che definisci “Padri Nobili della Patria”, sempre che siano poi tali, sarebbe condivisa e condivisibile; il sentire sociale verso le cose calate dall’alto, qualunque sia questo alto, comincia ad essere vista con sospetto a prescindere dalla “nobiltà” della fonte. Le transizioni sono sempre complicate ( a prescindere da chi le sollecita ), diversamente sarebbe facile conservazione, perché solo la conservazione, in ambito sociale, garantisce tranquillità. Naturalmente condivido l’analisi di fondo della situazione italiana, ma rispetto al modo di uscirne vedo molte complicazioni, non foss’altro che per la naturale tendenza di questi ultimi tempi in cui qualsiasi idea che non provenga da noi stessi appare sospetta. Ma ammettiamo che queste complicazioni sia anche superabili, un problema grave, e poco rassicurante è il sistema di conservazione che è stato creato e nel quale ha vissuto questa classe dirigente ( e per dirigente mi riferisco ai politici ma anche ai burocrati, agli industriali di vertice, ai vertici sindacali ecc. ecc. Un sistema pensato per consentire a chi riusciva ad entrarvi una totale impunità, una totale irresponsabilità, e questo non solo giuridica ma morale, etica, e di ruolo e posizione; se fai una cavolata non ti preoccupare, ti nominiamo in una posizione diversa ma più in alto e sei salvo e garantito.
Ammettendo anche che i nuovi, indipendentemente dal falso e puerile tentativo di discredito messa in capo da chi li teme, avessero in cuor loro la nobiltà concreta di ciò che affermano, come possiamo dare garanzia all’interno di un sistema di questo tipo? Come possiamo ripetere l’errore di affidare delega all’interno di un sistema pensato per garantire solo coloro che vengono delegati? Non è una mancanza di fiducia a prescindere, ma come diceva Thomas Jefferson “ nelle questioni di potere non si parli più di fiducia nell’uomo ma li si vincoli con le catene della Costituzione”. Questo e dannatamente attuale, ed è urgente una necessità di evitare lo stesso errore compiuto e subito fino ad oggi. L’errore naturalmnte non sarebbe quello di dare delega ma di continuare a darla all’interno di questo sistema. Quindi al di là delle urgenze economiche del paese, delle urgenze sociali, ci sono quelle di ridefinizione del tipo di sistema, e queste non possono, non dovrebbero essere delegate ma pensate e definite dal basso. Una ridefinizione di queste regole può passare soli da una costituente civile, dove per civile intendo proposta e gestita dall’esterno del sistema.
Questi movimenti non li vedo ancora orientati in questa direzione, e quindi dubito che, al di la anche delle possibili vittorie, tipo quella de M5S, siano il futuro della nuova Italia. Non è cambiando le singole leggi nei singoli comparti in putrefazione che si risolverà il problema. Questo va bene per i problemi concreti indispensabili per il paese ma non garantisce, in caso di fallimento di queste misure parziali, un sistema nuovo e in grado di ripartire con persone diverse portatrici di idee e, soprattutto, interessi nuovi.
Commento inserito da Ermanno Vitale
il 17.12.2013:
e quanto dovrebbe essere una giusta multa per divieto di sosta?
Perché questo sì è un punto dirimente nell'attuale situazione...
Commento inserito da Giordana
il 17.12.2013:
Totalmente d'accordo, si sta facendo passare queste giustissime proteste come fatte da scalmanati e incapaci,mentre andrebbero ascoltate dai "vertici" e dare risposte alle richieste, e valutare insieme proposte per cercare di capirsi invece si sta rischiando grosso in quanto il "popolo" è davvero all'esasperazione.
Commento inserito da mario cucchi
il 17.12.2013:
condivido l'analisi .... e sopratutto apprezzo le proposte.!!!!
Commento inserito da Paolo Ercolani
il 18.12.2013:
Gentile Massimo Pagliero, io credo che l'errore delle sinistre sia stato piuttosto quello di aver subito il 1989, senza produrre nessun progetto programmatico serio di giustizia sociale e di riforme adeguate ai tempi mutati. L'unica presunta novità, in tal senso, è stata la "terza via" di Giddens e Blair, ma di fatto implicava la genuflessione all'ideologia liberista. Questi limiti gravissimi e oggettivi della sinistra hanno fatto sì che essa non abbia dato alcun apporto a quello che comunque, in epoca di globalizzazione, era un progetto indispensabile: l'unificazione di piccoli stati che, come quelli europei, rischiavano di rimanere esclusi dai mercati che contano. Cosa ci aspettavamo, che fossero le destre o i conservatori a disegnare un'Europa che non fosse prona al mercato?! A quelli non è parso vero di unire l'Europa solo dal punto di vista monetario, senza prevedere un governo centrale forte e dotato di strumenti istituzionali adeguati. Il sogno dei liberisti di tutto il mondo: mercati e finanze completamente liberi in un contesto di assenza totale di un governo politico. Per il resto, lo ripeto, benissimo correggere il tiro, ancora meglio proporre soluzioni alternative, ma se è di politica che abbiamo bisogno, la fuga dall'euro non mi pare una soluzione adeguata. Meglio combattere per realizzare finalmente un'Europa politicamente unita e forte. Certo, nel nostro caso questo passa per quel piccolo particolare in base al quale l'unificazione politica, e culturale, ancora dobbiamo farla in Italia...
Commento inserito da Paolo Ercolani
il 18.12.2013:
Gentile Roberto, concordo in parte con la sua analisi, mentre la pars construens mi convince assai meno. Costituente civile? Dal basso? E quale migliore costituente civile e dal basso vi può essere di quella fornita da un'elezione politica in cui il popolo possa esprimersi rispetto a candidati del tutto nuovi, con una legge elettorale opportuna e che tolga l'attuale monopolio di cui godono i dirigenti dei singoli partiti nel formare di fatto il Parlamento? La mia non sarà la soluzione perfetta, ma la sua, mi pare, rasenta la demagogia. Per non parlare di una forma, pericolosa, di populismo...
Gentile Ermanno Vitale, col mio esempio sulle multe, forse troppo frettoloso, volevo soltanto dire che anche lo Stato deve prendere atto fattivamente della crisi economica impressionante che colpisce la popolazione. Anche abbassando l'entità degli importi delle multe, per esempio. Ma naturalmente non si dovrebbe fermare qui la cosa, è solo un esempio che ritengo eloquente.
Grazie a tutti voi, comunque, e anche a Giordana e a Mario Cucchi per l'interesse e per le stimolanti considerazioni!
Commento inserito da gian felice corsini
il 19.12.2013:
Grazie a Paolo Ercolani per la sua appassionata e puntuale analisi dell'azione dei "forconi".
Anche per me, oh commentatore, spiritoso ma parzialissimo Ermanno Vitale, ha fatto sorridere la storia della sanzione al divieto di sosta. Ci sono anche altri punti su cui non sono d'accordo, ma l' articolo va ben al di là di qualche critica che si può fare, ed è un riassunto brillante e se tutti la pensassero così si starebbe meglio al mondo.
Detto questo , il mio contributo al dibattito: i padri nobili, forse, e le donne? Maggioranza di questo paese fuori da ogni stanza dei bottoni con approccio al mondo diverso e innocente, o quasi, dei disastri finora perpetrati dai maschi. Ci sono schiere di intellettuali, giornaliste, studentesse che potrebbero drizzare la baracca più dei "nonni nobili" che Ercolani propone.Il movimento delle donne, negli anni settanta, con un solo piccolissimo alleato, il partito radicale,ha fatto avanzare il paese come nessun altro nè prima nè dopo. Nessuna di loro era "alla spasmodica ricerca del/della duce".
Ma non c'era alla ricerca neanche il popolo dei tre milioni della manifestazione contro la guerra in Irak e in Afganistan, il popolo del referendum sul nucleare e il bene pubblico dell'acqua, nè "ignoranti, nè idolenti" e globalmente innocenti del disastro del Paese, laddove i colpevoli sono i delinquenti che ci hanno guidati non per vent'anni, ma per sessanta. Servi degli Stati Uniti ieri e oggi. In ginocchio davanti alla chiesa cattolica (Renzi, Letta, democristiani oggi con il papa Francesco che non si ribellò agli USA e ai suoi sicari argentini). Governanti di un Paese che non è mai contato nulla. Macchiavelli, Gramsci sono ben citati da Ercolani, niente di nuovo sotto al sole.Manutengoli della feroce disuguaglianza sociale come delle discriminazioni di genere e razza. Con il massacro dei migranti e i 61 miliardi di euro per le armi e le galere lager alla faccia della nostra Costituzione.
Berlusconi e oggi questi disgraziati stanno lì perchè hanno il monopolio dell'informazione. Ieri Pannella e Di Pietro, oggi i "forconi" chi alza la testa è coperto dalla macchina del fango od obliterato, cancellato.Sono stato insopportabilmente lungo, così nessuno mi leggerà, ma il tuo articolo, Ercolani, mi ha fatto venir voglia di essere lungo. Non sei innocente neanche tu.
Commento inserito da Alex Grossini
il 24.12.2013:
Buongiorno e buone feste.
Ho letto il lungo post e vorrei spendere qualche parola su un paio di punti che mi lasciano dubbi.
In primo luogo, capisco l'esigenza di non etichettare sentimenti generali e diffusi come quello di delusione e rabbia contro la classe dirigente del Paese. Con classe dirigente non intenderei solo "i politici" ma chiunque abbia qualche responsabilità nella direzione che ha preso l'Italia, ma evidentemente questo includerebbe - tutti.
Ciò detto, non mescolerei i sentimenti diffusi con i movimenti (più o meno diffusi): quello dei forconi è un movimento che segue la guida di persone che hanno una chiara ideologia, autarchica, autocratica, in una parola fascista. Non ci sono infiltrazioni, quel movimento è nativamente collegato con i neofascisti. E i vari fascisti italici vi si avvicinano proprio per affinità chiaramente percepita.
La seconda cosa che mi ha colpito è l'esempio delle multe. Ho visto che è già stato sollevato nei commenti, ma ancora mi chiedo: una multa da 50 euro per divieto di sosta è davvero eccessiva?
Lo è se pensiamo a come vengono sprecati (o sottratti) quei soldi.
Ma da un punto di vista liberale, mi sembra che una multa molto salata sia perfettamente lecita e addirittura richiesta. Se la società è garantita/generata dall'accordo razionale degli individui, che rinunciano al "diritto su tutto" naturale, allora nel momento in cui qualcuno approfitta della situazione per fare free riding dovrebbe essere colpito in modo molto severo, perché attacca proprio le basi dell'accordo. Chi parcheggia (magari un SUV) in divieto di sosta, sta esclamando "tutti gli altri devono rispettare le regole, io no!".
E questo è precisamente l'atteggiamento che ha ridotto l'Italia alla condizione attuale, perché è presente a livello popolare, non solo "tra i politici".