Per un Nuovo Risorgimento, per uscire dagli anni di fango, per un’Italia europea moderna e laica. (Contributo per il manifesto di un partito italiano di liberali europei)
2 commentiLa Fondazione Critica Liberale, di fronte alla sempre più drammatica catastrofe civile ed economica in corso, ritiene compito ormai ineludibile la costruzione nel sistema politico italiano di una formazione di liberali democratici e riformatori europei. Propone con queste tesi un primo proprio contributo in questa direzione.
Il “Grande Vuoto”: la mancanza di una forza politica liberale nel sistema politico italiano
La presenza liberale è stata sempre minoritaria nella democrazia italiana. All’inizio degli anni Novanta si sarebbero forse potute realizzare le condizioni per un rinnovato protagonismo liberale, grazie al concomitante effetto del tramonto del comunismo, della progressiva secolarizzazione della società italiana, del dibattito in corso all’epoca sulla riforma delle istituzioni europee, e della crescente interdipendenza globale. Gli eventi seguiti al crollo del sistema politico precedente, travolto dalla mancanza di alternanza, dalla stagnazione e dalla corruzione, portarono invece alla lunga stagione politica che ha avuto per nefasto protagonista Silvio Berlusconi. In questi anni un soggetto liberale che si presentasse credibilmente e apertamente come tale nel sistema politico italiano è così mancato del tutto.
Un Nuovo Risorgimento per uscire dalla catastrofe, per restaurare la decenza della vita civile
L’indecorosa stagione del berlusconismo, che sembra oggi finalmente avviata a sua volta alla fine, è stata invece improntata al malaffare, alla corruzione dilagante, al diffuso trionfo del servilismo, alla dimissione generalizzata di responsabilità a ogni livello, a un complessivo degrado civile. È stata, molto più che una stagione politica, il nuovo capitolo di un’avvilente “autobiografia della nazione”, con radici, purtroppo ben conosciute e indagate, in una parte importante della storia e dell’antropologia culturale del paese; ma non è stata riconosciuta come tale – se non solo alla fine e solo di fronte all’evidenza ormai accecante degli eventi – soprattutto dal Pd e dalla sinistra estrema, che per anni non hanno contrastato il berlusconismo come era necessario, e lo ha piuttosto considerato un normale avversario di destra come tanti altri in Europa – e spesso un accettabile partner di spartizioni e lottizzazioni. Così, il berlusconismo ha influenzato e finito per inquinare pesantemente anche parte della stessa opposizione.
È verosimile che oggi si stia ormai giungendo alla saturazione, che almeno le evidenti responsabilità della consorteria berlusconiana nell’aver spinto l’Italia nella prima linea della crisi economica mondiale abbiano finalmente aperto gli occhi a molti. È probabile che una percentuale di cittadini elettori, magari ancora non maggioritaria, ma molto più forte che in ogni altra epoca del passato repubblicano, sia potenzialmente disponibile a vedere nella rinascita di un liberalismo organizzato italiano un elemento indispensabile per la ricostruzione civile, per una ritrovata serietà e responsabilità delle scelte della politica, per la restaurazione del senso del diritto e della legalità costituzionale, per promuovere la rinascita civile ed economica del paese e la sua modernizzazione, per riprendere il filo di un Nuovo Risorgimento, a centocinquant’anni dall’Unità d’Italia; nella prospettiva, anch’essa in piena sintonia con aspirazioni risorgimentali già all’epoca fortemente sentite, di un rilancio dell’unità e dell’integrazione federale di un’Europa anch’essa oggi in profonda crisi.
Sarebbe però sbagliato illudersi: la fine politica di Berlusconi, ammesso che essa sia davvero imminente, non coinciderà con la fine del berlusconismo. Gli italiani che hanno oggi fino a quarant’anni d’età hanno potuto conoscere pressoché soltanto, nella loro vita adulta, una politica del tutto diversa da quella di una normale democrazia europea. Da una parte hanno conosciuto un cosiddetto centrodestra che, per la sua componente maggioritaria, sarebbe arbitrario riferire a culture politiche di qualsivoglia segno, perché nella sostanza si identificava soltanto con gli interessi personali, giudiziari ed economici, di Berlusconi – e al più con le sue campagne pubblicitarie e con le sue fisime da dilettante politico allo sbaraglio; e che per il resto corrispondeva a quel che, negli altri paesi occidentali, è rappresentato da frange estremiste e lunatiche, finché possibile sistematicamente scansate dalle potenziali destre di governo. Dall’altra parte, e per conseguenza, hanno conosciuto un “centrosinistra” che, all’epoca della sua ultima esperienza governativa, corrispondeva a molto più di quel che nei normali paesi europei è un sistema politico intero, dato che andava dal trotzkista Turigliatto fino al monarchico Fisichella: una coalizione entro cui il sistema elettorale obbligava a riunirsi tutti coloro che volevano liberarsi dal berlusconismo, ma che, proprio per questo, non poteva esprimere nessun coerente indirizzo politico.
Ma il berlusconismo prolungherà la sua nefasta influenza negli anni a venire soprattutto per le macerie e il degrado che lascia dietro di sé tanto nella politica quanto nella vita civile, per la caduta verticale del peso politico ed economico dell’Italia in Europa e nel mondo, per il diffuso venir meno, a ogni livello, di ogni senso di responsabilità individuale, per l’asservimento della pubblica amministrazione, per la stagnazione economica e parassitaria che ne ha contrassegnato il passaggio, per avere fatto perdere al paese l’opportunità di avviare una stagione di improcrastinabili liberalizzazioni e riforme. E, da ultimo, anche per gli interessi raddoppiati sui titoli di Stato decennali prossimamente in scadenza, che costituiranno un’ancor più tangibile “bolletta Berlusconi”, almeno decennale, a carico dei contribuenti e dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori.
Una democrazia liberale, una società aperta e un’economia di mercato non possono sopravvivere senza cittadini consapevoli, responsabili e civicamente formati. La premessa indispensabile di un Nuovo Risorgimento è una ricostruzione etico-politica e civile, una ricostruzione della cultura politica diffusa, che a sua volta implica una presa di coscienza collettiva dell’entità del degrado. La prima decisione identitaria di un partito che voglia rifarsi al liberalismo europeo dev’essere il rifiuto della pratica, teorizzata e portata agli estremi in questi anni dal berlusconismo, che vuole la politica ridotta a propaganda commerciale e a packaging e gli elettori trattati come bambini di undici anni perché tali sono le regole codificate dalla pubblicità commerciale.
La ricostruzione della legalità, del senso del diritto, dell’etica pubblica, della memoria storica dell’Italia e dell’Europa democratiche, dell’educazione civica e dell’educazione alla cittadinanza – a partire dalle scuole di ogni ordine e grado – deve essere il punto di partenza, la qualificazione identitaria, la premessa di ogni discorso e proposta programmatica di una nuova forza politica liberale.
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http://www.giulioercolessi.eu/Quaderno_Nuovo_Risorgimento.pdf
{ Pubblicato il: 18.09.2011 }