Questo titolo, con una variazione (al posto del paese che era l’Italia, c’è un partito che è il Pd) è rubato a un vecchio libro di Alberto Arbasino. Ma, in fondo, il partito senza, che dovrebbe essere il maggior partito della democrazia italiana, è l’ultima manifestazione di un’Italia senza. Perché l’Italia, nella questione kazaka, ha mostrato di essere senza identità e senza dignità di fronte all’intera comunità internazionale. In questa condizione vergognosa l’hanno gettata non Alfano e il suo protettore e manovratore Berlusconi, sui quali nessuna persona di buon senso può farsi la benché minima illusione, ma il partito democratico, un partito, come ha detto giustamente Filippo Civati, ormai commissariato dal presidente della Repubblica. D’altra parte, quando non si possiede alcuna identità culturale, politica e morale, è inevitabile che questo accada. Uscito malconcio dalle urne, dopo una campagna elettorale condotta in modo masochistico, il Pd ha rischiato di implodere al momento dell’elezione del capo dello Stato, dove comunque ha certificato il suo suicidio. Da quel momento è diventato un partito zombie messo sotto tutela da Napolitano e sotto ricatto da Berlusconi. Adesso cerca un alibi nella necessità di mantenere un governo al paese. Ma difficilmente Berlusconi, nonostante le minacce, avrebbe fatto cadere il governo Letta nel caso in cui Alfano fosse stato sfiduciato dal Pd. Il governo Letta è il migliore che Berlusconi possa augurarsi, una vera e propria assicurazione sulla sua vita politica e perfino su quella di uomo libero, nonostante le recenti condanne giudiziarie. Adesso da questo governo senza dignità e senza onore e da un partito, il Pd,  che non ha più alcuna autonomia politica, molti si aspettano la legge elettorale, le riforme costituzionali, il rilancio economico ed altre meraviglie. Ma l’unica cosa che questo governo riuscirà a fare sarà quella di blindare Berlusconi nell’impunità. Vedrete che, per conseguire questo obbiettivo, non arretreranno di fronte a nessuna sconcezza. E non mancherà neppure il plauso del colle più alto.