redazione
Nessun commentoIl 20 settembre si è tenuto a Roma l’incontro promosso da “Iniziativa 21 Giugno”, intitolato “Il lavoro che non c’è, la ripresa che non arriva; che fare?”. Eccone resoconto e conclusioni.
La discussione che, dopo le relazioni preliminari di Riccardo Achilli e Giovanni La Torre, ha visto, in successione, gli interventi Alberto Benzoni, Stefano Fassina, Gim Cassano, Renato Gatti, Claudio Melchiorre, Sergio Bellucci, Mauro Beschi, Franco Lotito, Luca Cefisi, Roberto Biscardini, Lanfranco Turci, Stefano Sylos Labini, Nino Gulisano, Andrea Pisauro, Marco Lang, Mauro Sentimenti, Andrea Costa, Sergio Cesaratto, ha evidenziato un unanime giudizio di netta contrarietà nei confronti delle scelte del Governo Renzi in materia di economia e lavoro.
E’ questo un giudizio che nasce tanto dalla constatazione della sostanziale passività nella subordinazione alle politiche deflattive sin qui seguite nell’Eurozona (che la poco convinta e per nulla preparata richiesta di flessibilità non arriva a correggere), quanto dalla valutazione di merito dei singoli provvedimenti adottati o annunciati dal governo -manifestazioni di quella subordinazione e della logica politica del Patto del Nazzareno- che vengono considerati inefficaci o dannosi ai fini delle prospettive di ripresa del Paese ed indirizzati piuttosto a mortificare gli ambiti di democrazia ed i diritti e la dignità del lavoro.
Al di là delle ovvie differenze di accentuazione di punti di vista ed approcci sulle specifiche questioni poste sul tavolo, è poi emersa una più che significativa comunanza di indicazioni sui caratteri essenziali di una linea di politica economica adeguata ad avviare l’uscita da una situazione caratterizzata da decrescita, deflazione, domanda di lavoro inadeguata in quantità e qualità. E, in particolare:
- · La questione della carenza quantitativa e qualitativa di lavoro, che segue alla sua lunga e perdurante marginalizzazione economica, giuridica e sociale, aggravata poi dalla decrescita del Paese, è stata giudicata come la questione centrale della crisi italiana: sia che se ne guardino gli effetti sociali e le conseguenze sul degrado della nostra democrazia, sia che la si osservi come fattore di ulteriore avvitamento ed aggravamento della crisi, negli effetti deflattivi, nell’invecchiamento della forza-lavoro, nella scarsa produttività complessiva.
Occorre quindi che i necessari mutamenti negli indirizzi di politica economica siano finalizzati a questo aspetto: nessuna ripresa stabile è possibile se larga parte del Paese, non per sua volontà o colpa, è solo consumatrice e non produttrice.
La difesa del lavoro non è solo un dato quantitativo, ma anche qualitativo, in termini di retribuzioni, dignità, diritti. Non è accettabile l’estendersi di una sorta di precariato a tempo indeterminato, nel quale si perpetuano rapporti di lavoro che associano alle minori tutele anche minori retribuzioni e contribuzioni. Dovrebbe poi essere evidente a tutti che l'eccesso di precarietà è causa di declino per un'economia avanzata, in quanto disincentiva gli investimenti in innovazione e reca ristoro solo ai settori maturi e a basso contenuto di innovazione che, essendovi la competitività prevalente funzione dei costi, devono misurarsi, senza grandi prospettive, con la concorrenza dei paesi emergenti.
L’unica via praticabile e moralmente accettabile per contrastare l’estendersi di rapporti di lavoro precario motivati più dalle basse retribuzioni che dalle esigenze di flessibilità è, insieme alla rimessa in movimento del sistema produttivo che deve essere il fine di una diversa politica economica, il fatto che alle minori tutele delle forme di lavoro precario debbano corrispondere maggiori retribuzione e contribuzione.
Tantomeno è accettabile l’ulteriore smantellamento dell’Art.18, che si cerca di infilare in un provvedimento (lo Jobs Act) che inizialmente non lo prevedeva: atto in realtà non finalizzato ad alcuna necessità economica o giuridica, quanto al creare volutamente materia di scontro, nel tentativo di regolare i conti con quella parte di sindacato non propensa ad integrarsi nell’oligarchia tecnocratica che si va prefigurando.
- · Con riferimento agli indirizzi generali di politica economica, si ritiene necessario superarne il tabù del cieco rispetto del limite del deficit al 3% (limite che peraltro alcuni Paesi hanno già superato). Come i fatti dimostrano, l’obbiettivo di contenimento del debito pubblico (che difatti aumenta in valore assoluto ed in percentuale sul PIL) non può esser perseguito nell’ambito delle politiche attuali; ne va invece perseguita, nel breve periodo, la stabilizzazione e la successiva riduzione in valore in percentuale sul PIL, quale risultato di una crescita che richiede il rapido avvio di una decisa azione antideflattiva ed antirecessiva, non “neutra”, ma indirizzata a correggere le maggiori iniquità e superare le principali arretratezze e fattori di rischio del Paese, che ne minano strutturalmente produttività, efficienza, e possibilità di recupero.
A tal fine, gli interventi che si sono succeduti hanno posto in luce la necessità di:
- Generalizzare verso il basso e dare carattere strutturale al “bonus” degli 80 euro.
- Ridurre il carico fiscale su produzione e lavoro, ed introdurre un’imposizione patrimoniale progressiva su tutti i patrimoni, ivi compresi quelli mobiliari, e non solo sugli immobili, destinata alla riduzione del debito.
- Incrementare la spesa pubblica in conto capitale, riportandola quanto meno ai livelli del 2008-2009, attraverso politiche di investimenti pubblici che non devono esaurirsi nelle “grandi opere”, ma devono comprendere anche opere minori e diffuse.
Indirizzi ne devono essere: l’adeguamento delle infrastrutture di trasporto, di comunicazione, logistiche; il risanamento e la valorizzazione agricolo-forestale delle aree a maggior rischio geologico ed ambientale; la messa in sicurezza e l’adeguamento funzionale del patrimonio immobiliare pubblico, con particolar riferimento alle scuole; la dotazione diffusa di servizi quali asili e residenze per anziani; la vivibilità delle aree urbane più degradate.
Va posto un particolare rilievo al superamento delle carenze infrastrutturali e delle condizioni di isolamento e marginalità del Mezzogiorno e delle aree più svantaggiate del Paese.
- Riqualificare la spesa corrente, destinando le economie risultanti da razionalizzazioni e riduzioni di sprechi a maggiori investimenti sul fronte dell’istruzione, della formazione, della cultura, della tutela e fruibilità del patrimonio artistico ed ambientale, della ricerca di base ed applicata, ed estendendo i sistemi di sicurezza sociale a chi attualmente non ne fruisce.
- Promuovere l’ammodernamento tecnologico attraverso sinergie tra settore pubblico, università, impresa, in settori innovativi o nell’innovazione di settori maturi: energie rinnovabili e risparmio energetico, informatizzazione e sistemi di gestione, tecnologie medicali, ciclo dei rifiuti, ne sono alcuni e possibili campi di applicazione.
- · La piaga della corruzione, e dei mali che essa contribuisce a diffondere, quali l’evasione fiscale, il lavoro irregolare, il malaffare, i rapporti tra politica e criminalità, costituisce una pesante “imposta” aggiuntiva che pesa sulle imprese sane e sulle famiglie; e, in definitiva, sull’intero Paese. Essa va estirpata per via di leggi e controlli più stringenti, anche in materia di riciclaggio, e per via dell’obbligatorietà di codici di autodisciplina, con sanzioni, per le imprese, le forze politiche, la Pubblica Amministrazione.
- · Da più parti si è poi sottolineata l’esigenza di porre in atto metodi e strumenti di programmazione e politiche industriali serie, quale risultato di capacità e volontà politiche e di una Pubblica Amministrazione sinora caratterizzata dalla povertà di risultati, che deve riqualificarsi in termini di capacità di controllo, indirizzo, studio, ricerca, programmazione, promozione.
· A Riccardo Achilli e Giovanni La Torre, con la collaborazione di quanti riterranno di avanzare indicazioni e suggerimenti, è stato affidato il compito di predisporre una sintetica proposta operativa che, riferendosi alle indicazioni emerse nel corso dell’incontro e qui sintetizzate, le definisca in termini quantitativi e di priorità, e possa essere l’argomento di una più ampia iniziativa e materia di confronto con le forze politiche di sinistra.
Roma, 20 Settembre 2014
Iniziativa 21 Giugno (iniziativaventunogiugno@gmail.com)
{ Pubblicato il: 25.09.2014 }