Il numero 029 del quindicinale online Criticaliberalepuntoit dell’08 settembre ha pubblicato un mio editoriale in cui evidenziavo una potenziale falla della nuova legge elettorale, che, in un caso limite, che ho definito improbabile ma non impossibile, potrebbe creare una situazione politicamente imbarazzante, tale da ingenerare ulteriori dubbi sulla legittimità della Camera dei Deputati che con quella legge verrà eletta, anzi, per lo più nominata..
Ho evidenziato cioè l’ipotesi in cui una lista al primo turno sfiori ma non superi il 40% dei voti validi, e, in ragione della frammentazione dei voti tra tante liste minori sotto soglia, potrebbe avere diritto, su base proporzionale, ad eleggere 340 (o più) deputati, non possa tuttavia vederseli attribuire, dovendosi invece sottoporre al ballottaggio, nel quale potrebbe risultare perdente rispetto ad altra lista, magari risultata fortemente minoritaria al primo turno, e con ciò finendo per disattendere la sostanza del principio fissato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1-2014, che ha aggiudicato irragionevole un premio di maggioranza non collegato ad una qualche significativa quota di consenso elettorale
Devo dire che quell’articolo ha avuto una certa risonanza, più di quanto non mi aspettassi, sino ad avere capitalizzato 465 condivisioni, 49 tweet e 89 commenti, questi ultimi, per la verità, in buona parte critici, nessuno dei quali ha tuttavia evidenziato quella che io stesso ho poi rilevato essere un errore di calcolo di cui mi faccio volentieri carico.
In effetti allorché ho effettuato i conteggi sulla base dei quali potrebbe verificarsi quel caso limite, ho ipotizzato che i seggi da distribuire fossero 617 (depurati cioè dei 12 assegnati nelle circoscrizioni estere e dell’unico seggio assegnato nel collegio uninominale della Valle d’Aosta), ma ho omesso di detrarre dal plenum costituzionale di 630 deputati gli otto che vengono eletti, a maggioranza semplice ed in turno unico, nei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige, per cui i seggi residui, distribuibili su base proporzionale al primo turno, residuano nel numero di 609 e non di 612.
Questo errore di partenza modifica leggermente il quadro della previsione, per cui, affinché si verifichi l’ipotesi da me prospettata, occorre che i voti dispersi (perché andati a liste sotto soglia) siano almeno il 28,38% del totale dei voti validi, piuttosto che il 27,50 % come avevo inizialmente indicato.
Me ne scuso con Critica Liberale e coi lettori, pur evidenziando che la sostanza del problema non cambia, spostandosi solo la soglia di verificabilità in avanti di qualche decimale di punto.
Ciò detto, e prescindendo di proposito dai commenti non pertinenti e da qualcuno addirittura offensivo, mi limito a replicare a qualcuno che mi sembra pertinente, ma che forse non ha colto appieno il senso del ragionamento che ho cercato di fare.
Il problema non è quello che al secondo turno possa vincere il premio la lista arrivata seconda al primo turno, questa essendo una caratteristica naturale dei sistemi a doppio turno con ballottaggio, e quindi non mi ci sono minimamente soffermato.
Ho invece evidenziato che, al verificarsi di certe circostanze che sono tendenzialmente indotte dalla nuova legge elettorale (per un verso la concentrazione del voto su due liste potenzialmente maggioritarie, e per altro verso la frantumazione del restante voto in tante liste tutte sotto soglia) possa accadere che la lista che, sulla base dei voti conseguiti, avrebbe normalmente diritto a vedersi attribuire 340 (o più seggi) sin dal primo turno, sia invece costretta al ballottaggio vedendosi superata dalla seconda lista.
Il Legislatore si è infatti preoccupato di stabilire che, se una lista supera il 40% e, in ragione dei meccanismi di ripartizione, consegue più di 340 seggi, ha il diritto di conservarli; ma si è dimenticato di dire che la medesima cosa dovrebbe secondo logica democratica avvenire se, sulla base della mera ripartizione proporzionale, avesse diritto a 340 o più seggi anche senza avere superato la soglia del 40%, evitandosi in tal caso un inutile ballottaggio.
Infatti, essendo chiaramente lo scopo della nuova legge elettorale quello di attribuire alla prima lista (in prima o seconda battuta) almeno 340 seggi, così consegnandole una maggioranza sicura di governo, mi sono chiesto che senso possa avere il dovere ricorrere ad un secondo turno quando lo scopo della legge sia stato già raggiunto al primo turno, così rimettendo tutto in discussione ed aprendo l'esito elettorale alla possibilità (questa, si, tutt'altro che improbabile, in ragione della convergenza del c. d. "voto contro") che una seconda lista magari fortemente minoritaria possa conseguire il premio, creando una maggioranza parlamentare assolutamente fittizia, perché rappresentativa non già di un programma coerente di governo della lista vincente, ma soltanto della contrarietà al programma di governo della lista perdente.
Il che, non mi sembra un gran risultato, per una democrazia che vorrebbe essere, oltre che governante, anche e soprattutto rappresentativa, come per altro ha chiaramente affermato la C. C. nella sentenza n. 1-2014.
Non si tratta forse di un gravissimo errore, come, con qualche generosa enfasi, ha titolato il direttore di Critica Liberale, ma di una particolarità disattenzionata dal Legislatore, e che, proprio per questo, ho definito come una "chicca", che, nella specie, è sinonimo di "rarità".
Nel caso ipotizzato, ripeto improbabile ma non impossibile, si finirebbe anche per disattendere indirettamente la stessa sentenza della C. C., che io non ho minimamente inteso mettere in discussione. Anzi, a volere essere più precisi, se si fosse voluto seguire l'indicazione della C. C. in ordine alla soglia minima per accedere al premio (che la Corte ha preso in esame solo con riferimento alla prima coalizione, questa essendo la questione allora all’esame), sarebbe stato più ragionevole introdurre nella nuova normativa una soglia minima anche per accedere al ballottaggio.
Approfitto di questo spazio per rispondere a qualcuno che si è chiesto quale sia mai il sistema elettorale che io preferirei.
Dico subito che nel panorama delle democrazie occidentali ci sarebbe stata un ampia possibilità di scelta tra tanti e diversi sistemi elettorali che hanno retto alla prova dell’esperienza ultradecennale, se non secolare, senza doversi inventare, forse per mal posto provincialismo, un sistema tutto italiano che si è voluto definire “italicum”, prima che qualcuno arrivasse a definirlo “porcellum-bis”, rinnovellando la sulfurea ironia di Sartori a proposito del primo “porcellum”.
La mia personale preferenza va per il sistema del voto alternativo (VA) in collegi uninominali (in vigore per alcune elezioni in Australia), che era il sistema preferito da Einaudi (1953), e che con qualche variante è stato oggetto di proposte di legge anche in Italia (Zanone nel 1992, Ichino e Musso nel 2010).
In tal modo, se un candidato non supera il 50%, si valorizzano anche le seconde scelte, sommandole alle prime, sino a che uno dei candidati non abbia raggiunto la soglia. Si tratta, praticamente, di un doppio voto ma in unico turno.
Altro buon sistema, e però alquanto più complesso, è quello del voto singolo trasferibile (VST) in collegi plurinominali, in vigore per il senato australiano ed anche in Irlanda e Malta; in questo caso, ciascun elettore vota per i candidati della lista prescelta secondo un ordine di preferenza, e, per individuare i candidati da eleggere tra quelli che non hanno superato la soglia, si valorizzano anche i secondi, terzi, etc, voti, sino a che la soglia non venga superata.
In entrambi i casi il voto di scambio, quando e nelle zone in cui esiste, diventa praticamente irrilevante, mentre l'elettore è libero di esprimere la propria scelta in termini gradati, tra i candidati nei collegi uninominali (nel VA), ovvero tra liste e tra i candidati della lista prescelta (nel VST).
Ed alla fine verranno eletti i candidati più graditi o, almeno, quelli meno sgraditi, ed il potere dei partiti di nominare i parlamentari si riduce al lumicino.
E comunque, nessuno viene eletto se non supera la soglia di gradimento (o di non sgradimento), normalmente corrispondente al 50 dei votanti.
A parte quelli sopra indicati, che sono certamente i migliori possibili (ma che in Italia appartengono al libro dei sogni), ci sono anche altri sistemi elettorali in uso in Europa che potrebbero restituire agli elettori il diritto di scegliere i parlamentari (senza rischio di voto di scambio), a cominciare dal doppio turno in collegi uninominali in cui si vince il seggio col 50% dei voti e, se no, vanno al ballottaggio le liste che abbiano avuto almeno il 12,50% (sistema francese), ovvero anche in turno unico, purché sempre in collegi uninominali (il sistema inglese, il mattarellum italiano), o anche il sistema tedesco (proporzionale per la distribuzione complessiva dei seggi, col 50% dei seggi assegnato in collegi uninominali a turno unico, e 50% su lista nazionale rigida).
Si tratta di sistemi che, in ogni caso, assicurano all'elettorale un certo spazio di libertà, massimo nei primi due sistemi (VA e VST) e via via decrescente negli altri sistemi.
Ovviamente, trattandosi di sistemi che, in misura diversa, possono mettere in discussione il monopolio dei maggiori partiti nella formazione delle liste e nella nomina dei parlamentari, in Italia non se ne parla nemmeno, e si è introdotto invece un sistema ancora peggiore di quel “porcellum” che la Corte Costituzionale ha spazzato via.
{ Pubblicato il: 22.09.2015 }