In molte città italiane è stato presentato un ricorso presso il Tribunale, in cui si espongono le ragioni di incostituzionalità della legge che introduce un nuovo sistema elettorale chiamato Italicum, ma che più propriamente dovrebbe esser definito SuperPorcellum. Qui riproduciamo le ragioni che sono alla base del ricorso presentato a Bari il 25 novembre 2015 dal Comitato per la difesa e l’attuazione della Costituzione di quella città.
Sintesi
Gli argomenti su cui si basa il ricorso depositato in Tribunale sono, in sintesi, i seguenti.
1. Nelle elezioni del 2013 gli elettori non hanno potuto esercitare il diritto di voto secondo le modalità previste dalla Costituzione, del voto personale, uguale, libero e diretto”.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sent. 8878/2014) a seguito della sentenza 1/2014 della Corte costituzionale, che aveva dichiarato illegittima la L.270/2005 (cosiddetto “Porcellum”) nella parte in cui prevedeva un premio di maggioranza senza una soglia di voti minima e senza preferenze.
Per far valere l’effettività di questo loro diritto fondamentale in materia elettorale un centinaio di elettori (v. elenco allegato) si sono rivolti al Tribunale di Bari, in quanto ritengono che, per alcuni aspetti, la L. n.52/2015 (d’ora in poi: Italicum) presenti gli stessi vizi e perciò hanno interesse all’accertamento in giudizio dell’effettività del proprio diritto di voto come costituzionalmente garantito, previa preliminare declaratoria d’incostituzionalità della legge stessa.
L’eventuale dichiarazione di incostituzionalità non produrrebbe alcun vuoto normativo giacché tornerebbe in vigore la normativa risultante dalla dichiarata illegittimità costituzionale delle norme della L.270/2005 (cosiddetto “Porcellum”) che, come precisò la Corte nella sentenza n.1/2014, “… è complessivamente idonea a garantire il rinnovo in ogni momento dell’organo costituzionale elettivo”.
D’altro canto, l’interesse dei ricorrenti è attuale anche se la legge n.52/2015 all’art.1, c. 1 lett.i) stabilisce che “la Camera dei Deputati è eletta secondo le disposizioni della presente legge a decorrere dal 1° luglio 2016”. Essa, tuttavia, è già in vigore e si è anche perfezionata con la promulgazione del d.lgs 7 agosto 2015 n. 122 relativo alla suddivisione dell’Italia in circoscrizioni e collegi. Inoltre è tuttora vigente la norma dell “Porcellum” che stabilisce irragionevoli soglie di accesso per il Senato doppie di quelle della Camera, pur avendo la metà dei componenti elettivi, 315 contro 630 (v. sotto n. 9).
Ma soprattutto, se, come ha stabilito la Corte costituzionale (sent. 13/99), occorre “disporre, in ogni tempo, di una normativa elettorale operante”, parimenti sussiste allora in ogni tempo l’interesse che essa sia costituzionalmente legittima e il diritto di votare in conformità alla Costituzione va accertato prima dello svolgimento dei comizi elettorali.
Infatti, l’annullamento di norme della legge elettorale successivamente alle elezioni non incide sulla composizione del Parlamento e sui suoi poteri. Tant’è che questo Parlamento, pur dopo la pubblicazione della sentenza n.1/2014 che ne ha sanzionato l’illegittimità della composizione, sta procedendo, su iniziativa incessante del Governo, come se nulla fosse accaduto (!!!): ha approvato una nuova legge elettorale che reitera, in alcuni punti peggiorandoli, tutti i vizi di norme già dichiarate illegittime e sta modificando la Costituzione in parti rilevanti, che incidono sulla stessa forma di Governo e di Stato.
Di qui l’interesse ad un accertamento giudiziale della legittimità, o non, dell’Italicum prima che si vada a votare e non dopo: invero, una volta indette le elezioni non c'è rimedio, perché subentrerebbe l’esercizio della cosiddetta autodichiarazione, affidato al puro arbitrio delle Giunte delle elezioni delle Camere.
2. Il ricorso si articola in 14 motivi di incostituzionalità della legge 52/2015.
Tre sono di carattere procedurale e il primo di essi, se accolto, sarebbe assorbente di tutti gli altri.
Invero (motivo n.1), il procedimento legislativo per le leggi elettorali è regolato direttamente dalla Costituzione all’art.72, comma 4, ove si dice che “la procedura normale di esame e approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale….”. Ognuno comprende che “procedura normale” – cosiddetta riserva di legge di assemblea - significa votare articolo per articolo, emendamento per emendamento, con votazione finale (cfr. art.72 primo comma, Cost.). L’Italicum è illegittimo perché su ben 3 articoli su 4 è stata posta la fiducia, che com’è noto fa decadere tutti gli emendamenti presentati dai singoli parlamentari, restringe al massimo i tempi della discussione e in definitiva costringe deputati e senatori ad esprimersi con un sì o con un no. Come sulla legge Acerbo del 1923 e la “legge truffa” del 1953 (per cui il Governo almeno si giustificò con l’urgenza determinata dalla prossima convocazione dei comizi elettorali).
Gli altri due motivi procedurali (n. 4 e n. 12) riguardano l’indicazione sulla scheda del Capo della lista: con il premio di maggioranza attribuito ad una sola lista vincente, tanto più se a seguito di ballottaggio, si svuotano di senso le prerogative del Presidente della Repubblica in materia di nomina del presidente del consiglio: questi, nei fatti, viene eletto direttamente dal popolo, non residuando alcuno spazio di manovra al Capo dello Stato. Si tratta in sostanza di un mutamento della forma di governo, da parlamentare ad un premierato assoluto tendenzialmente presidenzialistico (per giunta senza i contrappesi della forma di governo presidenziale classica, per esempio degli USA). Un mutamento costituzionalmente illegittimo perché non approvato con la procedura di revisione ex art. 138 Cost..
3. Sul piano sostanziale il ricorso è speculare alla sentenza 1/14 della Corte costituzionale.
In estrema sintesi la Corte aveva bocciato il porcellum a motivo della illimitata compressione, a favore della stabilità governativa, della a) rappresentanza e b) rappresentatività del Parlamento.
La rappresentanza del Parlamento (’organo della rappresentanza politica nazionale: art. 67 cost.) nasce da un rapporto tra elettori ed eletti, che nella specie veniva alterato perché l’intero complesso dei parlamentari è nominato dai partiti: “il cittadino è chiamato a determinare l’elezione di tutti i deputati e di tutti i senatori, votando un elenco spesso assai lungo”. Quindi “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno dell’indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata dalla Costituzione”: un parlamento di nominati non rappresenta i cittadini
La rappresentatività del Parlamento mancava perché non era prevista una soglia minima di voti per competere all’assegnazione del premio di maggioranza. Si determinava così una diseguale valutazione dell “peso” del voto “ in uscita”, che invece dev’essere di massima eguale (art. 48 cost.). Naturalmente l’irragionevole compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea finisce per alterare anche la rappresentanza democratica.
4. In sostanza l’Italicum riproduce gli stessi difetti del Porcellum e, in particolare, quello di fondo: attribuzione della maggioranza dei seggi alla lista che consegua la maggioranza relativa, che in realtà è una minoranza assoluta: almeno il 40% al primo turno e addirittura anche meno – per esempio, come all’incirca nelle ultime elezioni, il 25-30 % dei voti con il 50% di astenuti – al ballottaggio.
Infatti, nel turno di ballottaggio non è prevista alcuna “ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio” né è previsto il raggiungimento di un quorum di votanti per la validità del turno di ballottaggio (almeno, per esempio, la stessa percentuale del primo turno). Potrebbe accadere – come dimostra l’esperienza – che al turno di ballottaggio si rechino a votare meno elettori che al primo turno e/o che la lista vincente ottenga meno voti che al primo turno: il premio di maggioranza sarebbe comunque aggiudicato.
Ciò è in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale, secondo cui la “rappresentatività” non dovrebbe mai essere penalizzata oltre misura dalla “governabilità”. Ma anche con il precetto costituzionale di eguaglianza del voto , giacchè il voto dato alla lista di maggioranza relativa varrebbe fino a 2-3 volte di più del voto degli altri (motivo n. 6).
Violazione che si verifica anche al primo turno, dove una soglia minima è prevista. Ma il premio in seggi è tanto più consistente quanto minore è il consenso elettorale della lista beneficiaria: una lista con il 40% dei voti validi ottiene un premio pari al 14% dei seggi, mentre una lista con il 45% dei voti ha un aumento pari soltanto al 9% dei seggi: è del tutto irragionevole che in un caso meno voti in “entrata” abbiano un effetto superiore in “uscita”, da qui la violazione degli artt. 3 e 48 Cost. (motivo n. 5)
5. L’attribuzione del premio di maggioranza fino a raggiungere i 340 seggi presenta anche evidenti incongruenze e irrazionalità. E se non una ma due liste conseguissero il 40% dei voti (è successo nel 2006)? Nulla dispone la legge. Non potendosi aumentare il numero dei parlamentari (630) con due premi di maggioranza, l’organo parlamentare non potrebbe formarsi. Né potrebbero prorogarsi i poteri delle Camere fino alle nuove elezioni: sarebbe una violazione dell’art. 61 Cost. (motivo n. 2).
L’impossibilità di funzionamento dell’organo parlamentare si verificherebbe anche nel caso che al primo turno una lista ottenesse già i 340 seggi, fermandosi però sotto la soglia del 40%. Potrebbe succedere perché (a differenza della soglia del 40%, che va calcolata sul totale dei “voti validi espressi” delle liste sopra e sotto soglia: cfr. art. 83, comma 1, n. 5) il quoziente elettorale nazionale va calcolato soltanto sul totale dei voti delle liste “di cui al comma 1, n,. 3”, e cioè di quelle sopra soglia (cfr. art. 83, comma 1, n. 4): le quali potrebbero risultare due o tre per effetto, da un lato, della concentrazione del voto sulle sole due liste potenzialmente maggioritarie e, d’altro lato, della frantumazione del voto tra tante liste minori incapaci di raggiungere la soglia del 3% e quindi inutilizzabili al fine di stabilire il quoziente elettorale nazionale (motivo n. 3, ove si fa una simulazione esemplificativa).
6. Disatteso risulta anche il principio della conoscibilità dei candidati, che la Corte aveva prescritto anche in considerazione “della possibilità di candidature multiple e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito”. Ebbene ciò è esattamente quanto previsto dall’Italicum per il candidato capolista che può presentarsi in 10 collegi, sottratto al voto di preferenza e ciononostante eletto automaticamente per primo a prescindere dal numero di preferenze acquisite dagli altri candidati
Ciascun candidato non capolista può candidarsi invece in un solo collegio e deve contare sull’ipotesi che la sua lista sia vincente di almeno due seggi nel collegio (perché se uno solo viene attribuito alla sua lista, esso andrà al capolista) oppure, nel caso di un solo seggio, sperare che il capolista opti per un altro collegio. Ciò significa che i candidati non capolista non concorrono a cariche elettive in condizioni di uguaglianza come richiesto dall’art. 51, c. 1 Cost.: e il voto dato ad una lista con preferenza per alcuni candidati/e può sistematicamente venir utilizzato per eleggere in altro collegio o circoscrizione un candidato del tutto sconosciuto all'elettore medesimo (motivi n. 7-8)
7. Nel ricorso si articolano anche tre motivi relativi alle minoranze linguistiche riconosciute, in attuazione dell’art. 6 Cost., dalla legge n. 482/1999 (“la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo”), oltre che da norme internazionali e sovranazionali (CEDU, trattato di Lisbona, Carta dei diritti, che hanno lo stesso valore dei trattati europei). La legge elettorale ha creato, in violazione del principio di eguaglianza, disparità di trattamento tra di esse. Invero, mentre le minoranze linguistiche sono state suddivise tra più collegi in varie regioni (tra cui la Puglia con particolare riferimento alla provincia di Lecce) , le minoranze francesi della Val d’Aosta e quelle tedesca e ladina delle Province di Bolzano e di Trento votano con norme ad hoc per collegi a loro dedicati (motivo n. 13): per giunta, uninominali con recupero proporzionale, senza subire l’imposizione di capolista scelti dal capo del Partito (motivo n. 10). Inoltre, pur eleggendo i loro rappresentanti al primo turno, hanno il privilegio di partecipare anche al secondo turno di ballottaggio per determinare la lista vincente nel resto d’Italia (motivo n. 9).
8. La legge reitera il privilegio dell’esenzione dalla raccolta delle firme per la presentazione le liste collegate ai gruppi parlamentari costituiti all’inizio della legislatura o, per le prossime elezioni, anche al 1° gennaio 2014 (quest’ultimo è un avallo al fenomeno dei parlamentari che cambiano casacca e, in particolare, un omaggio ad personas di NCD e AP). La normativa è incostituzionale perché discrimina irragionevolmente i nuovi soggetti politici rispetto ai gruppi già presenti in Parlamento (motivo n. 11).
9. Infine, la legge entrerà in vigore il 1° luglio 2016, quando certamente non sarà entrata in vigore (occorrerà com’è noto anche un referendum) la nuova Costituzione che prevede l’elezione indiretta del Senato. Se si dovesse andare a votare con le due leggi attualmente in vigore (porcellum per il Senato e italicum per la Camera), a causa della diversità tra le due soglie di accesso (rispettivamente 8% e 3%, anche meno per la lista di minoranza più votata) si avrebbero due maggioranze diverse. Il voto non sarebbe uguale, perchè i candidati con lo stesso numero di voti avrebbero meno possibilità al Senato che alla Camera, né libero, perchè i partiti politici non potrebbero presentarsi con le stesse liste alla Camera ed al Senato (motivo n. 14).
10. Non è, ovviamente, motivo di ricorso ma non è inutile ricordare che gli effetti dell’Italicum vanno esaminati in combinato disposto con la riforma costituzionale. Questa attribuisce alla sola Camera dei deputati il rapporto fiduciario con il Governo, il quale, pur essendo espressione di una minoranza eletta nell’indicato modo costituzionalmente illegittimo, diverrebbe a pieno titolo il dominus dell’agenda parlamentare e avrebbe in sostanza il potere di vita e di morte della legislatura.
{ Pubblicato il: 01.12.2015 }