1) Dalla crisi dell’attuale offerta politica alla crisi della politica.
Ciò che oggi accomuna la pubblica opinione è il rifiutodi assumere come dato di precisa e consolidata collocazione politica il tradizionale continuum destra-sinistra, e anche le rispettive sottocategorie (centrodestra, centrosinistra, con e senza trattino), spesso utilizzate per sfuggire a quella dicotomia, risultano quasi sempre contraddette prima dalla enunciazione dei programmi e poi dalla pratica delle alleanze e delle politiche effettivamente praticate.
Nessuno fa più la parte che si è nominalmente intestata, ed è quindi naturale che quel continuum abbia perso il suo appeal, venendo sostituito da fenomeni di istintiva ripulsa per chi si muove sulla scena politica; è cosi via via scomparso il voto a favore di una parte politica, e si è generalizzato il “voto contro” quello che si avverte come l’avversario del momento; ne è poi seguita, a cascata, l’avversione rispetto alla politica “tout court”, sino alla nascita di un movimento che si è intestata questa bandiera, sconvolgendo l’originario quadro bipolare con la nascita di un terzo polo cha ha messo in crisi il sistema maggioritario della seconda repubblica.
Nel frattempo, chi è rimasto deluso dai contenitori degli ultimi venti anni e non si è fatto sedurre dall’antipolitica, si è rifugiato nell’astensione, cresciuta sino a costituire il primo partito del Paese.
L’area di questi potenziali cittadini non votanti coincide più o meno con l’altrettanto vasta platea che la crisi economica degli ultimi dieci anni ha fatto scivolare da posizioni di relativo benessere verso uno stato di precarietàche ha indotto ilragionevole timore di avviarsi verso un declino inarrestabile.
Si tratta di molti milioni di persone che hanno sempre costituito la base produttiva del Paese e insieme la platea dei consumatori, e che oggi s’interrogano sul loro futuro senza potere coltivare alcuna speranza, costringendosi a una drastica riduzione del loro tenore di vita, che a sua volta provoca il blocco della crescita economica che in passato aveva consentito ad ogni generazione di ambire a migliorare la propria posizionesociale rispetto allagenerazione precedente.
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2) La modernizzazione del Paese
Tutte le vicende politiche del resto d’Europa, compreso il dibattito politico che si è sviluppato in Italia, portano a ritenere che il nuovo discrimine della competizione politica si colloca ormai tra europeisti e sovranisti, cioè tra coloro per i quali il futuro dell’Italia sta in un processo di omologazione rispetto agli altri paesi d’Europa, e coloro per i quali l’Italia deve rinchiudersi in sé stessa, immergendosi nel mediterraneo piuttosto che travalicando le Alpi.
I liberali non possono collocarsi che tra gli europeisti, ma devono anche avere la consapevolezza che europeizzare l’Italia significa anche creare le condizioni necessarie per poterlo fare, e quindi, prima di tutto, modernizzarla, sotto l’aspetto economico, produttivo, civile e politico.
E’ questo il terreno su cui recuperare quella parte della società italiana tentata dalla fuga verso altri più accoglienti paesi, nei quali trasferire le energie innovative che l’Italia non sa adeguatamente valorizzare; si tratta di una potenziale classe dirigente, non solo giovanissima, che in Italia appare priva di sbocchi occupazionali di buon livello e di reale influenza politica, frenata com’è da un apparato pubblico inefficiente, e da un prelievo fiscaleche scoraggia ogni iniziativa.
La strada della modernizzazione passa attraverso una realistica presa d’atto della situazione di arretratezza dell’Italia rispetto all’occidente europeo in alcuni settori fondamentali, prima che le distanze si facciano incolmabili; solo a titolo esemplificativo, e tanto per intenderci, occorre:
- eliminare la presenza dello Stato nei settori produttivi non strategici;
- ridurre drasticamente l’abnorme debito pubblico attraverso operazioni straordinarie di dismissione del patrimonio pubblico nazionale e locale, a partire dalle partecipazioni societarie;
- eliminare la spesa pubblica improduttiva e attivare una grande campagna di investimenti pubblici per ammodernare la rete infrastrutturale del Paese, specie nel mezzogiorno;
- abbattere le aliquote contributive sul lavoro e quelle fiscali sulle imprese, e istituire un’imposta negativa ad integrazione dei redditi inferiori ai livelli minimi di sussistenza;
- ridurre l’incidenza della contrattazione nazionale e implementare quella aziendale per premiare la capacità produttiva dell’impresa;
- ristrutturare la pubblica amministrazione in termini di assoluta neutralità, imparzialità e meritocrazia, riesumando la regola costituzionale del pubblico concorso;
- limitare il sistema radiotelevisivo pubblico ad una sola rete, finanziata col canone e assolutamente autonoma dalla politica, mettendo sul mercato le altre due reti;
- separare nettamente le banche d’affari (cui applicare il “bail in”) dalle banche commerciali (senza “bail in”);
- introdurre una rigorosa legislazione sui conflitti tra interessi privati e pubbliche funzioni;
- restituire al sistema cooperativistico la sua originaria funzione solidaristica, eliminando i privilegi distorsivi della concorrenza;
- superare i residui ritardi in materia di diritti civili rispetto al resto d’Europa;
- sottrarre la spesa sanitaria alla discrezionalità della politica regionale, affidandola a un sistema assicurativo non opzionale, sul modello olandese
- introdurre un nuovo codice di procedura drasticamente semplificato, per abbattere i tempi biblici della giustizia civile;
- riformare l’ordinamento giudiziario penale, con la netta separazione tra giudici e pubblici accusatori;
- superare l’attuale metodo intergovernativo e procedere speditamente verso una vera federazione europea tra i paesi disponibili e reciprocamente compatibili;
- rinnovare la solidarietà atlantica, implementando le risorse dedicate, per meglio fronteggiare le minacce incombenti del fondamentalismo islamico;
- integrare gli immigrati legali che accettino di appartenere alla nostra società sulla base dell’adesione esplicita ai principi della Costituzione italiana e del costituzionalismo europeo;
- proteggere la società dai pericoli del terrorismo domestico attraverso più efficaci forme di contrasto preventivo e repressivo.
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3) Una nuova offerta politica.
Quello qui delineato è un compito immane che necessita del concorso degli italiani più europeisti, e quindi di un nuovo soggetto politico collocato nell’area del liberalismo europeo, in stretto collegamento con ALDE, il partito dei liberali europei, e con Liberal International, che proprio nei giorni scorsi,nel Congresso di Andorra, con la partecipazione di una delegazione della Fondazione Einaudi di Roma, ha attualizzato gli impegni dei Manifesti di Oxford del 1947 e del 1997.
L’obiettivo è quello di rendere il Paese nuovamente attrattivo per chi si è rifugiato all’estero, e di restituire speranza a chi è rimasto, e in particolare ai ceti medi che si sono impoveriti o che temono di esserlo in futuro, e che anche per ciò hanno smesso di investire, di consumare e, addirittura, di partecipare alla vita politica della comunità nazionale
E proprio la crisi dell’attuale quadro politico, pensato per una contrapposizione bipolare su cui erano stati costruiti i sistemi elettorali dell’ultimo ventennio, insieme al timore del declino avvertito da larghe fasce di cittadini, consente oggi di proporre agli italiani una nuova offerta politica, basata sulle profonde convinzioni piuttosto che sulle supposte convenienze.
Ovviamente, non basta il mero richiamo nominalistico, ma occorre che la “constituency” risulti chiara dal contesto, dagli interessi che si vogliono rappresentare, dal programma che s’intende proporre, e dalle persone impegnate nel progetto, che devono essere agevolmente riconoscibili come tali, sia in sede apicale sia sul territorio.
Bisogna tuttavia prendere atto che, proprio in questi giorni, i maggiori partiti dell’attuale Parlamento stanno confezionando un nuovo sistema elettorale, impropriamente chiamato “tedesco”, nel quale tuttavia mancano, oltre che i presidi istituzionali tipici di quel paese, anche le sue essenziali caratteristiche, e cioè la possibilità del voto disgiunto per collegio uninominale e lista circoscrizionale, e l’accesso alla ripartizione proporzionale anche per chi, pure sotto la soglia nazionale del 5%, sia riuscito a vincere la gara in tre collegi, spingendosi sino all’assurdo di subordinare i candidati vincitori nei collegi ai capilista delle liste circoscrizionali.
Tutto sta quindi diventando più difficile, sia per i piccoli insider sia per gli outsider, mentre il principale effetto che si prefigura sarà quello di una nuova legislatura dominata da euroscettici di vario livello, sino al rischio di un referendum, magari solo consultivo, su una sciagurata ipotesi di “italexit”, che segnerebbe la fine del sogno europeo di Ventotene, coltivato da tutte le generazioni post-belliche e di recente tanto celebrato.
Nonostante tutto, sarebbe proprio questo il momento di sparigliare le carte, proponendo una nuova e inattesa offerta politica, rivolgendosi agli italiani che più soffrono per la mancata modernizzazione delPaese: i ceti più urbanizzati, più acculturati, più autonomi, più intraprendenti, più aperti alle novità, in definitiva quelli più europei, che hanno smesso di credere nel futuro dell’Italia, ma che, se appena gliene si offre l’opportunità, sono pronti a rientrare nella vita sociale e politica per riconquistare le posizioni perdute, contribuendo alla rinascita del Paese che continuano ad amare.
Non si tratterebbe comunque di una proposta elitaria, essendo rivolta ad una platea potenzialmente vastissima, costituita dai ceti già emersi ma declinanti, e da quelli che aspirano ad emergere ed a qualificare col loro contributo il futuro sviluppo della società italiana, e che tuttavia oggi pensano di dovere cercare nel resto d’Europa, piuttosto che Italia, la sede ove realizzare le loro speranze di vita.
E se poi le regole elettorali saranno effettivamente quelle che si preannunziano, il nuovo soggetto (che andrebbe comunque costituito con chi ci sta), potrebbe affrontare le prossime elezioni, da solo o anche in sinergia con le forze politiche programmaticamente più compatibili (o, se proprio si vuole sottilizzare, meno incompatibili); e tuttavia, senza perdere di vista l’obiettivo finale, che resta quello di proporsi come autonomo protagonista della vita politica, preparandosi alle successive scadenze elettorali che, per come si prefigura il nuovo parlamento, potrebbero non essere lontane.
Il Convegno di LIBERAITALIA-LIB del 6 maggio a Milano e il LIBERAL CAMP di Roma del 27 maggio hanno aperto il cantiere, che deve ora essere riempito di volenterosi operatori per potere iniziare la costruzione; e quindi chi può e vuole, dia pure una mano, ché ce n’è tanto bisogno e il tempo è poco !
A questo punto, mi accorgo di avere da ultimo coniugato i verbi al condizionale, per cui, parafrasando il titolo di un famoso film di cinquanta anni fa, mi viene naturale di concludere con una domanda: ”riusciranno i nostri eroi a ritrovare il liberalismo misteriosamente scomparso in Italia?”
{ Pubblicato il: 31.05.2017 }