enzo marzo
Nessun commentoMolti politologi sostengono che la qualità delle democrazie senza informazione indipendente sia assai scarsa; altri, più severi, pensano che senza un'informazione libera una democrazia non possa proprio dirsi tale. E dato che nessun paese può affermare di garantire davvero un’informazione libera, se ne deduce che non esistono ancora paesi davvero democratici. E io sono di questo secondo avviso, e quindi ho un giudizio severo nei confronti delle democrazie che non si pongono questo problema. Due anni fa abbiamo fondato la “Società Pannunzio per la libertà di informazione” proprio perché vedevamo che nelle democrazie, non solo in quella italiana che è drammaticamente carente ma anche in quelle classiche, la questione della libertà d'informazione non è affatto al primo punto dell'agenda politica. Certo, molti paesi occidentali – direi quasi tutti – stanno sicuramente meglio di noi, ma anch'essi dovrebbero porsi più drasticamente la questione della separazione del potere politico ed economico da quello mediatico. Da liberale sostengo che sia necessario rivedere la ripartizione classica di Montesquieu, perché oggi nella sfera pubblica i tre poteri effettivi sono quei tre. Sono quelli della politica, dell'economia e dell'informazione. Purtroppo l'informazione è l’ancella povera. Non perché non abbia in sé un enorme potere. Anzi l'informazione con i nuovi mezzi assume un ruolo non solo centrale ma proprio determinante per le nostre democrazie. Ciò detto, tutti possono vedere come i primi due poteri si “mangino” questo terzo potere che non ha alcuna forma di autonomia. È questa la questione enorme che le democrazie occidentali devono porsi. E’ ovvio che in Italia noi abbiamo molti problemi in più.
2. I lettori sono di fatto “consumatori” di una merce molto particolare , quali diritti hanno attualmente garantiti in fatto di trasparenza, di non commistione di interessi, di non inquinamento della notizia?
Negli ultimi anni si è andata a facendo strada una teoria che non ha voce nella costituzione italiana, perché, quando fu scritta la carta costituzionale, non era entrata nel discorso pubblico. Mi riferisco al diritto ad essere informati. La costituzione afferma espressamente solo il diritto di informare, la libertà di espressione. La Corte costituzionale ha sostenuto però che il diritto a essere informati si evince da tutto lo spirito costituzionale. Bisogna tenerne conto. Noi della Società Pannunzio abbiamo - credo per i primi - posto una questione che è centrale: gli editori hanno sempre sostenuto - per portare acqua al loro mulino - che il giornale è una merce e quindi deve rispondere a certe regole che sono comuni a tutte le merci. Vedi il regime di proprietà e di profitto. È ovvio che il giornale è anche una merce “purtroppo”, perché proprio questa commistione stabilisce il legame e la dipendenza tra l'informazione e il potere economico. Paradossalmente però gli editori si dimenticano la loro stessa affermazione dell'informazione “come merce” quando non assicurano a questa merce “particolare” nemmeno i diritti che – in seguito a tutta una serie di battaglie dei consumatori organizzati - sono costretti a concedere per le altre merci. Io faccio sempre l’esempio del consumatore che va al bar. Il consumatore ha conquistato il diritto - per esempio - di conoscere gli ingredienti della bibita che compra. Lo stesso consumatore va in edicola e lì, se è attento, si accorge che per quanto riguarda la merce “quotidiano”, che egli paga come ha pagato la bibita, non ha alcun diritto. Per esempio, non conosce la proprietà su cui non c'è alcuna trasparenza, non conosce l'incidenza della pubblicità. Troppo spesso il rapporto tra pubblicità e lavoro redazionale è di assoluta invadenza, spesso occulta. Dirò di più: non vengono osservati neppure i diritti che dovrebbero essere già acquisiti perché scritti nella legge sulla stampa del ‘48, e sono davvero pochi,. Mi riferisco, per esempio, al diritto di rettifica che viene violato quotidianamente assolutamente da tutti. Non parliamo nemmeno del diritto di replica, completamente sconosciuto. La nostra Società ha scritto una bozza di sette norme che vorremmo che fosse almeno discussa. Abbiamo cercato di coinvolgere in questa discussione la Federazione nazionale della stampa e l'Ordine dei giornalisti, ma siamo solo ai primi passi. Certo che come per tutti i diritti si possono fare dei progressi solo se coloro che hanno questo diritto lo sentono come tale. Per ora i lettori hanno un solo modo per proteggersi: non comprare più il giornale. Ma non so quale sia il risultato peggiore. Non sto a dilungarmi, poi, sulla incomprensione assoluta dei partiti su questi temi.
3. Internet, il media più grande mai esistito, per le dimensioni del pubblico cui si rivolge, è caratterizzato dalla mancanza di una rigida separazione tra utenti e produttori di informazione. La libertà della rete cosa comporta per la partecipazione civile e la democrazia?
La vera differenza fra la carta stampata e Internet sta proprio in quello che voi dite: è saltata la rigida separazione fra utenti e produttori. Questo porta degli enormi vantaggi e anche molti svantaggi. I vantaggi sono visibili a tutti. E quindi non mi dilungo su questi. Gli svantaggi sono notevoli, perché si crea un volume di informazioni talvolta eccessivo, non certificato da alcuna autorevolezza, coperto dall’anonimato. Per questo motivo credo che i giornali tradizionali, in forme completamente nuove, non possano morire mai: perché non esiste “la notizia”, esiste la gerarchia delle notizie, esiste la necessaria valutazione, anche professionale, a cui deve essere sottoposta la notizia e la sua fonte. I lettori - anche quelli di Internet - hanno diritto di ricevere notizie non taroccate. E su Internet è più facile taroccarle, perché il mezzo è molto semplice e manca una qualunque forma di controllo. Il mondo di Internet si trova di fronte a problemi che ha avuto il giornalismo all'inizio della sua storia: tentativi di censura, tentativi di imbrigliamento, tentativi di acquisizione. Oggi però abbiamo questa esperienza in più e quindi siamo in grado di difendere la libertà di Internet con più consapevolezza di quanto non si sia fatto nei secoli scorsi. Abbiamo visto che anche sulla carta stampata troppo c'è ancora da fare. La libertà della rete deve rimanere assoluta. La rete ha portato la rivoluzione della gratuità. E questa deve essere conservata gelosamente come un patrimonio per una futura conoscenza completamente rinnovata e disponibile a tutti. Ovviamente anche per Internet si pone la questione dei diritti e dei doveri. Ma da qui comincia un discorso veramente immenso che richiede una riflessione approfondita da parte di tutti.
[intervista a cura di Sapere democratico http://saperedemocratico.it/quarto-potere-tre-domande-a-enzo-marzo]
{ Pubblicato il: 09.05.2011 }